sabato 1 dicembre 2007


nella foto l'artista Beatrice Feo

LA FONDAZIONE GIOVANNI XXIII VIA ITALIA 624030 VALBREMBO (BERGAMO) OrganizzaAsta di Arte contemporanea Artisti Italiani Venerdi’7 dicembre 2007dalle ore 18.30via Borfuro n°1-Bergamo


E' importanete partecipare perchè parte del ricavato sarà devoluto in beneficenza con la collaborazione di “Facciamoarte” -Pavia,Arch.Fabio Parizzi- e Valeria Pontoglio
Articolo su L'ECO DI BERGAMO del 30 novembre venerdi’catalogo in sede
Curato dal critico
Simone Fappanni In asta tra le 25 opere di artisti italiani anche unOpera dell'artista italiana Beatrice Feo, nella foto con l’opera in Asta :”lettino di Bach” stimato circ a 5000 euro come base d'asta- 50×70cm (vedi riferimenti su google)T.M.su cartone di Salzburg e cera per acquaforte-L’asta prevede che una parte del ricavato vada in beneficenza per tutte le info in merito -Fondazione Giovanni XXIIIinfo-(Valeria Pontoglio)-Arch.Fabio Parizzi-(Pavia) info 035-527456 Per info Beatrice Feo
http://www.wikio.it/url?id=36617444&url=AF-81F7-912181 per qualsiasi info Studio Piranesi ufficio Stampa_Roma-Milano
http://www.wikio.it/url?id=36617444&url=4A7484-124F0-1

martedì 20 novembre 2007

...Per tutti gli uomini che affrontano il mare...per chi riesce a sbarcare a Lampedusa e soprattutto per chi ...non ce la fà.....




dedicato a tutti i naufraghi...il mio Ulisse
lunedì 19 novembre 2007

Un particolare dell'ultima mia opera "Ulisse e il canto delle sirene" ...La tela è dedicata a tutti gli uomini che affrontano il mare in cerca di una vita migliore...a tutti quelli che sbarcano a Lampedusa,a chi ce la fà e a chi ,soprattutto non ce la fà...Il mio naufrago bendato in balia delle onde...Colpevole solo di essere stato attratto dal canto delle "sirene" che promettevano una vita migliore.... Questo è solo un piccolo particolare a breve pubblicherò la tela intera ...sotto infatti compare un passaggio di un'inquietante sirena...(cm 120x80) olio e tecniche miste



Ulisse e le sirene
Omero
circa VIII sec A. C.
Odissea dal canto XII

Circe raccomanda a Ulisse come difendersi dal canto ammaliatore delle sirene;poi Ulisse spiega ai suoi compagni come procedere per affrontare il canto delle sirene senza rimanerne prigionieri.
Traduzione in versi di Ippolito Pindemonte
... Navigherete; ma il cammino, e quantoDi saper v'è mestieri, udrete in prima,Sì che non abbia per un mal consiglioGrave in terra, od in mare, a incorvi danno
Ed io vi mostrerò il viaggio e vi darò ogni altro consiglio e indicazione. Così non avrete a patire per qualche inganno funesto o sul mare o per terra, andando incontro a guai e sventure.
... Alle Sirene giungerai da prima,Che affascìnan chïunque i lidi loroCon la sua prora veleggiando tocca.Chïunque i lidi incautamente afferraDelle Sirene, e n'ode il canto, a luiNé la sposa fedel, né i cari figliVerranno incontro su le soglie in festa.Le Sirene sedendo in un bel prato,Mandano un canto dalle argute labbra,Che alletta il passeggier: ma non lontanoD'ossa d'umani putrefatti corpiE di pelli marcite, un monte s'alza.Tu veloce oltrepassa, e con mollitaCera de' tuoi così l'orecchio tura,Che non vi possa penetrar la voce.Odila tu, se vuoi; sol che dirittoTe della nave all'albero i compagniLeghino, e i piedi stringanti, e le mani;Perché il diletto di sentir la voceDelle Sirene tu non perda. E dovePregassi o comandassi a' tuoi di sciorti,Le ritorte raddoppino ed i lacci.Poiché trascorso tu sarai, due vieTi s'apriranno innanzi; ed io non dico,Qual più giovi pigliar, ma, come d'amboRagionato t'avrò, tu stesso il pensa.
Dapprima arriverai dalle Sirene che incantano tutti gli uomini, chiunque giunga da loro. Se uno, cioè, senza sapere si avvicina e ascolta la voce delle Sirene, non gli si fa più incontro la moglie al suo ritorno a casa, non gli fanno festa i teneri figli, ma le Sirene là lo affascinano con il canto melodioso, sedendo nel prato. E in giro c'è un grande mucchio d'ossa di uomini che imputridiscono gli si disfa e consuma la pelle dattorno. Ma tu passa oltre spalma sulle orecchie dei compagni, ammorbidendola, la cera dolce come il miele, perché nessuno degli altri deve udire. Tu invece ascolta pure se vuoi, ma ti leghino nella nave le mani e i piedi, stando là diritto alla base dell'albero, e a questo restino allacciate le funi. Così potrai ascoltare con viva gioia la voce delle due Sirene. E se tu preghi i compagni e gli ordini di scioglierti, essi allora ti leghino ancora di più con le corde. E quando i compagni avranno spinto la nave oltre le Sirene, qui non ti voglio più dire con precisione quale sarà la tua strada, ma decidi da te.
... ed io, trovataLa nave, a entrarvi e a disnodar la funeConfortava i compagni; ed i compagniV'entraro, e s'assidean su i banchi, e assisiFean co' remi nel mar spume d'argento.
Ed io mi recavo alla nave incitavo i compagni a salire anche loro, a sciogliere le gomene di poppa. «Essi pronti s'imbarcavano e sedevano agli scalmi. E così, uno dietro l'altro, battevano coi remi il grigio mare.
... Qui, turbato del core: "Amici", io dissi,Degno mi par che a tutti voi sia contoQuel che predisse a me l'inclita Circe.Scoltate adunque, acciocché, tristo o lieto,Non ci sorprenda ignari il nostro fato.Sfuggire in pria delle Sirene il verdePrato e la voce dilettosa ingiunge.Vuole ch'io l'oda io sol: ma voi dirittoMe della nave all'albero legateCon fune sì, ch'io dar non possa un crollo;E dove di slegarmi io vi pregassiPur con le ciglia, o comandassi, voiLe ritorte doppiatemi ed i lacci".
Allora io parlavo tra i compagni, addolorato nel profondo del cuore Amici, non uno o due soltanto devono sapere le profezie che Circe mi disse, la divina tra le dee ma ve le riferirò perché le sappiate anche voi. Così periremo tutti insieme oppure riusciremo a fuggire via, schivando il destino di morte. Mi consigliava, ella, per prima cosa di evitare il canto delle Sirene divine e il prato pieno di fiori. Diceva che io solo ne ascoltassi la voce. Ma voi legatemi con una corda fino a farmi male, perché resti fermo nello stesso posto, in piedi alla base dell'albero, e a questo rimangano allacciate le funi. E se vi prego e vi ordino di sciogliermi, voi stringetemi ancora di più con le corde.›
Mentre ciò loro io discoprìa, la nave,Che avea da poppa il vento, in picciol tempoDelle Sirene all'isola pervenne.Là il vento cadde, ed agguagliossi il mare,E l'onde assonnò un demone. I compagniSi levâr pronti, e ripiegâr le vele,E nella nave collocarle: quindiSedean sui banchi ed imbiancavan l'ondeCo' forti remi di polito abete.Io la duttile cera, onde una tondaTenea gran massa, sminuzzai con destroRame affilato; ed i frammenti n'ivaRivoltando e premendo in fra le dita.Né a scaldarsi tardò la molle pasta;Perocché lucidissimi dall'altoScoccava i rai d'Iperïone il figlio.De' compagni incerai senza dimoraLe orecchie di mia mano; e quei dirittoMe della nave all'albero legaroCon fune, i piè stringendomi e le mani.Poi su i banchi adagiavansi, e co' remiBatteano il mar, che ne tornava bianco.Già, vogando di forza, eravam quantoCorre un grido dell'uomo, alle SireneVicini. Udito il flagellar de' remi,E non lontana omai vista la nave,Un dolce canto cominciaro a sciorre:"O molto illustre Ulisse, o degli AcheiSomma gloria immortal, su via, qua vieni,Ferma la nave; e il nostro canto ascolta.Nessun passò di qua su negro legno,Che non udisse pria questa che noiDalle labbra mandiam, voce soave;Voce, che innonda di diletto il core,E di molto saver la mente abbella.Ché non pur ciò, che sopportaro a TroiaPer celeste voler Teucri ed Argivi,Noi conosciam, ma non avvien su tuttaLa delle vite serbatrice terraNulla, che ignoto o scuro a noi rimanga".
«Così dicevo spiegando ogni cosa ai compagni. «E intanto velocemente giunse la nave all'isola delle due Sirene un vento favorevole la spingeva. «Allora subito il vento cessò e venne la bonaccia tranquilla un dio addormentò le onde. «Si alzavano in piedi i compagni ammainarono la vela e la gettarono in fondo alla nave. Poi sedevano ai remi e facevano biancheggiare l'acqua con le lisce pale d'abete. Ed io tagliavo una grossa forma di cera in piccoli pezzi con l'affilata arma di bronzo e li schiacciavo con le mani robuste. E ben presto si ammolliva la cera poiché la vinceva la grande mia forza, e lo splendore del Sole sovrano, figlio di Iperione. «Uno dopo l'altro, la spalmai sulle orecchie a tutti i compagni. «Essi mi legarono nella nave le mani e i piedi, stando io là ritto alla base dell'albero e a questo allacciavano le funi. Poi si sedevano e andavano battendo coi remi il mare. «Ma quando ero tanto lontano quanto si fa sentire uno che grida, e rapidamente loro spingevano, non sfuggì alle Sirene che passava vicino una celere nave, e intonavano un canto melodioso ‹Vieni qui, Odisseo glorioso, grande vanto degli Achei ferma la nave, se vuoi ascoltare la nostra voce. Nessuno mai è passato di qui con la nave senza prima udire dalle nostre bocche la voce dal dolce suono ma poi se ne va con viva gioia e conosce più cose. Noi sappiamo tutto quello che nell'ampia pianura di Troia soffrirono gli Argivi e i Troiani per volontà degli dei. E sappiamo anche quanto avviene sulla terra che nutre tanta gente.›
Cosi cantaro. Ed io, porger volendoPiù da vicino il dilettato orecchio,Cenno ai compagni fea, che ogni legameFossemi rotto; e quei più ancor sul remoIncurvavano il dorso, e PerimedeSorgea ratto, ed Euriloco, e di nuoviNodi cingeanmi, e mi premean più ancora.Come trascorsa fu tanto la nave,Che non potea la perigliosa voceDelle Sirene aggiungerci, coloroA sé la cera dall'orecchio tosto,E dalle membra a me tolsero i lacci.
«Così dicevano emettendo la bella voce. Ed io volevo ascoltare e ordinavo ai compagni di sciogliermi e facevo segni con gli occhi. Quelli curvandosi remavano. «Subito si alzavano in piedi Perimede ed Euriloco, e mi legavano con molte corde e mi stringevano ancora di più. «Dopo che furono passati oltre, e non udivamo più la voce delle Sirene e neppure il canto, in fretta i miei fedeli compagni si tolsero via la cera che avevo spalmato loro sulle orecchie, e sciolsero me dai legami.